37) Ri/conoscersi

"La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia. Chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini."
(Ludwig van Beethoven)

Hey, Tu.
Come te la passi?
Ho voglia di vederti. Che mi racconti chi sei, magari con una cioccolata calda fra le mani, in mezzo a mille foreste.
Io ti devo raccontare di come il teatro mi stia trascinando dentro
e di come il doppiaggio mi abbia riportato l'amore;
dei miei articoli settimanali
del manoscritto
e di tutto il resto.
Ho ricominciato a dipingere, e ci metto altri mondi lì
che mi fanno sentire al sicuro perché li riconosco
O volti e luoghi che ci devo andare
E poi spero
spero con tutta l'anima
di non finire mai più incatenata in un ufficio in attesa di morire con la sensazione di aver fatto il mio dovere, basta che sia sistemata.
(Che avessero tentato di sistemarmi è sicuro.)
Il mondo gira dalla parte sbagliata. Ma la vita è troppo bella.
Per farsi ingoiare via. C'è troppa roba da scoprire, da conoscere, c'è troppo da amare.
Tenersi lontani dallo schifo o buttarsi nel mezzo per ripararlo?
Non lo so, non credo di essere in grado di riparare niente.
So che l'unico vero dovere che ho è di essere felice. E, di conseguenza, passare la felicità agli altri come un testimone, fino alla fine della corsa.
Amare chi sono e quello che faccio è il primo passo.
Per citare Lorenzo, il resto va da sé, non lo so.

Vorrei specificare un paio di cose, per rispondere ad alcuni commenti che ho ricevuto. E vorrei farlo una volta su tutte perché chi deve recepire il messaggio riuscisse a farselo bastare, ché chi invece ha capito quello che volevo dire davvero non ha bisogno di perdere tempo a rileggere cose che aveva già capito.

Non si può non lavorare nella vita, a meno di non chiamarsi Rockefeller, qualcosa bisogna fare. E così, cose come "mollo tutto, cambio vita", si traducono alla fine in cambi di lavoro e luoghi di vita, non nello smettere di lavorare.
Questo non vale poi solo per il lavoro. Cambiare è la parola chiave.
Fatica è l'altra parola chiave, quella che, alla fine dei conti, spaventa davvero.
Libertà è l'ultima parola chiave, la più importante, e un prezzo dovrà pure averlo.

A chi non può lasciarsi andare, in tutti i sensi, auguro la saggezza di insegnare ai propri figli che, prima che sia troppo tardi, il mondo è loro e devono andarselo a prendere. Qualunque cosa scelgano di fare. Insegnargli che "è meglio lasciar perdere perché è complicato", è la più grossa e pericolosa idiozia che una mente umana possa arrivare a concepire. E il più grande fallimento come genitori. State dicendo loro di curare i sintomi, e non le cause, della loro infelicità. State insegnando loro a rinunciare, a non guadagnarsi le cose, a pretenderle senza sforzo, a volerle ottenere con facilità. Che valore c'è in questo? Che razza di merito c'è in questo genere di insegnamento? Creiamo una generazione provveduta, per la miseria. Sana. Motivata. Sincera.

A chi potrebbe ma non vuole, perché ha paura o perché vai a sapere, voglio dire che nulla regge il confronto con la salute. Nulla, niente. Non c'è niente che valga abbastanza quanto la nostra salute fisica, mentale, spirituale, e sociale. Non c'è niente che valga di più, o che possa reggere il confronto.
Il denaro? Ma vogliamo scherzare? Un conto è la disgrazia della povertà, un conto è lo squallore dell'ingordigia, l'avidità, la schiavitù. La felicità non è un capriccetto da quattro soldi, è una questione medica, è una cosa serissima.
Certe cose va a finire che si scoprono a spese proprie.

Tolta l'infanzia, nella quale qualcun altro decide per noi, quando diventiamo onesti con noi stessi e con gli altri di conseguenza, nelle nostre scelte, nel nostro essere, il cosmo inizia a volerci bene e a girare dalla parte giusta, incredibilmente. È una specie di magia che accade. Il mondo smette di ostacolarci. Le persone ci ostacoleranno, le paure ci ostacoleranno, ma noi sapremo che abbiamo fatto la scelta giusta, perché onesta. Se non altro, la sera potremo andare a dormire tranquilli.

L'onestà nei confronti di sé stessi è il primo passo verso la felicità.

Mi ricordo di aver programmato tra le Cose Nuove un nome nuovo.
Ma Alex è il mio nome. Un nome che, oltre a rappresentare la mia unicità, è già il contrario dell'insignificanza perché rappresenta un contenuto, non un contenitore, è contestualizzato, e, qualunque cosa voglia dire, significa tanto per le persone che mi amano. Come per me il loro, per loro il mio. La reciprocità è quella cosa che può dar senso a un nome qualunque. Perciò oggi penso che il nome debba essere semmai quello di sempre, con un significato diverso.
Ed ecco la fine di un'altra maledizione.
La X è ciò che mi tiene in vita. È tutto quello che manca ancora da sapere. È tutto quello che verrà.
Tutto considerato, sono grata che sia un'incognita.

Questa storia doveva finire con un inizio. E sono felice di poter concludere dicendo che i miei otto mesi son scaduti, e il mio Tempo delle Cose Nuove è appena cominciato.
La mia prossima parola sarà Roma. La parte bella di tutto questo è che potrebbe essere anche Patagonia, India, Canada, Honolulu… Voglio dire, mi riservo la possibilità di cambiare idea e scandagliare le sfaccettature mie e del mondo. Perché tutto è in movimento, e anche noi. La morte può arrivare in qualsiasi momento, tanto vale che arrivi mentre stiamo facendo qualcosa che amiamo. Così ce ne andiam contenti.

Una cosa è morire, una cosa è non vivere.

Alcuni trovano la soluzione nel viaggio, come Gianluca Gotto, fondatore del blog Mangia Vivi Viaggia, già citato a voce nel mio incontro al Bravo Caffè, fra gli altri travel-blogger dei quali ho parlato in questo libro, di cui ho personalmente letto e gradito Le coordinate della felicità (2018).
Altri si ritirano a vivere in campagna fra gli animali, qualcuno trova sé stesso nel servire gli altri.

Io sto seguendo la mia voce. Dentro e fuori.
E seguo Dio, la mia grande forza, la mia grande pace.

Ecco, se Tony Robbins mi chiedesse di nuovo adesso "Se sapessi di non poter fallire, che cosa faresti?", risponderei senza condizionale.

Giocate con me. Vi va?
Inizio io?

Io ho voglia d'avventura. Implodo, ogni sera, ogni mattina, implodo. Voglio una storia d'amore pazzesca. Voglio scrivere almeno un romanzo capolavoro, e voglio essere una bravissima doppiatrice, ricercata nell'ambiente. Voglio che i miei cari stiano bene, e chiedo per loro la salute e la vita. Che ci sia in casa un'atmosfera di gioco e di risate, di musica e di incontri di Natale. Di neve fuori e camini accesi e tavole sfiziose e sedie a dondolo. Voglio il tè con i biscotti fatti a mano e marmellata di albicocche e le mie amiche e voglio il sole che dalla finestra infiamma il divano, il letto, il parquet. Voglio profumo di pane e di caffè, di erba tagliata e di panni stesi al sole. Di serate in veranda con stelle e colonne sonore e grandi film, pizza e patatine, storie da leggere e da ascoltare e caldo fresco nelle notti d'estate. Voglio poter usare braccia e gambe sempre. Spero di non restare mai la stessa, ma di riconoscermi ogni volta. E voglio che il mio amore sia quello definitivo, unico, voglio potermi fidare, voglio passarci la mia vita. E voglio sposare una causa se non ci può essere questo. Voglio una lunga carriera di successi letterari e cinematografici, che non siano baldoria, ma che facciano felici gli altri e mi diano da mangiare, voglio vivere come un vulcano, che dopo l'eruzione può riposare in pace, ma anche come una collinetta pacifica dove si possono fare i picnic, con piramidi di formaggio in mano. Voglio mia madre, ho bisogno della sua salute, dei suoi consigli, del suo profumo, della sua pelle. Voglio mio padre. Le nostre chiacchierate, la sua presenza, la sua complicità, il suo amore. Ho bisogno del loro appoggio e di poterli abbracciare. Voglio fare qualcosa di speciale per loro, ripagarli di tutto, renderli fieri. Felici. Voglio non rimpiangere niente della mia vita, e poi la voglio scrivere in mille storie diverse. E, semmai ci saranno bambini o creature di cui prendersi cura, voglio essere un giacimento d'amore e di protezione e di buoni consigli e un buon esempio. Voglio entrare in un posto semplice dove servono pasti caldi e chiedere come posso aiutare. Voglio portare avanti la benedizione e la Presenza che sento dentro e intorno a me ogni giorno. Voglio risate e pianti genuini e grandi amori. Di ogni genere. Non voglio perdite. Voglio una vita indaffarata e umile, sudata, ma sana. Con persone da amare e le persone che amo.
E poi voglio camminare, e vedere mondi, tutti. Scrivendo, viaggiando, recitando, ascoltando, toccando, amando, cercando.

E voi che cosa fareste?

Ecco, tolto quello che non posso controllare, resto io. Resta una visione del futuro che al massimo sarà come una coperta rosicchiata dai topi, voglio dire, ma piena di intarsi di tutti i generi e tessuta a maglia da me, con trame e armature irregolari, ma sempre distinguibili nella forma e nel colore. E sarà la mia coperta, consumata, familiare, intrecciata, lavorata con istinto e con cura. E spero che lì sotto staremo al caldo tutti quelli che ci stiamo.

E spero lo stesso per voi.

Vi auguro una buona canzone, una serata fra amici, un Natale tranquillo, una mano sulla spalla, una bella chiacchierata, un film spettacolare, nocciole dolci, bimbi, cani, racconti, storie, fuoco, vino.
Vi auguro un gran casino, e vi auguro che vi ci ritroviate.

E mentre ascolto Peter Bence, stasera, in questo teatro intimo e storico della mia Bologna, suonare il piano come un forsennato posseduto dall'ardore di tutta l'espressività e la matematica ritmica di cui può essere dotato un essere umano, e mi godo questo regalo di Natale nella mia solita implosione riservata, commossa e silenziosa – perché la musica non si può raccontare, si può solo vivere, ed è un dono, come l'amore, come la vita – in questa coreografia di luci e di impulsi che non sai se ti viene da piangere, se ti viene da vivere, se alzandoti in piedi e battendo le mani più forte dello spazio che vi divide saprai fargli sentire quello che vi unisce, in questo istante di perfezione estetica in cui ogni cosa sembra essere al suo posto, fermo il tempo e penso... ecco… un'altra tipica espressione umana.

In verità, mi chiedo, che cosa saremmo senza l'arte?

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