36) La mia parola

"Never give up on a dream just because of the time it will take to accomplish it. The time will pass anyway."
(Earl Nightingale)

- 9.

Silvia Pepitoni è un’insegnante eccezionale. Primo perché è un'attrice straordinaria e ha dalla sua l'esperienza di una vita. Secondo perché è intonatissima e dotata di un orecchio incredibile, in grado di stanare una differenza di semitono o di riproporre qualsiasi accento geografico alla perfezione; e fa dell'esposizione una questione di ritmo e intonazione musicale. (Unita a tutto il resto.) Terzo perché, per lo stesso motivo, nelle sue lezioni, in classi di non più di sei-sette persone al massimo, si impara anche a cantare, dato che le dinamiche del doppiaggio e quelle del canto sono le stesse, e saper cantare per un attore è sempre un valore aggiunto. Quarto perché, nella recitazione, va alla ricerca della sfumatura nella sfumatura della sfumatura, e così tu ce la metti tutta per rendere, che so, una certa receptionist "cortese, ma robotica, suadente, ma non ammiccante". E, se impari a fare questo, impari quel genere di fondamenta del mestiere che ti rendono capace, svelto, stabile e destinato a durare.

Tralasciando poi sottotesti in romanesco e dietro le quinte esilaranti vari.

Ecco, vanno benissimo e sono fondamentali le basi dello studio del teatro, ma il doppiaggio è un'altra cosa, è una specializzazione attoriale basata sulla ricerca di una certa fluidità espositiva, estetica del suono (finalmente qualcuno che lo ammette!) e qualità espressiva legata all'uso della voce, e un modo di recitare specifico fatto d'arte e di artigianato insieme. Il teatro, più che altro, sblocca meccanismi psicologici importanti, rimuove, per così dire, il freno a mano, sulla scena e nella vita, dentro e fuori di noi, è importantissimo a livello storico-culturale per conoscere i vari stili recitativi e cogliere suggerimenti-riferimenti, ed è una grande palestra emotiva. Oltre a insegnarti a spingere, a parlare col diaframma e a portare la voce, a lanciarla senza urlare, e farti sentire dall’ultimo spettatore pagante seduto in ultima fila. Ecco perché si dice che non si può fare l'uno senza l'altro; e io l'ho imparato sulla mia pelle, questo. Ma è importante specificare come teatro e doppiaggio siano due cose diverse, e non è detto che i grandi attori siano automaticamente anche bravi doppiatori. Anzi, solitamente si sente la differenza, in mancanza di uno studio specifico o di una certa pratica sul campo.
E poi ci sono dei tempi di formazione ed esperienza da cui non si può prescindere. (E di questo, prima o poi, io dovrò farmi una ragione.)

Detto ciò, una cosa su cui siamo tutti d'accordo è che il cuore sta sempre alla base di tutto: se non restituisci un'interpretazione vera, alla pari almeno di quella dell'attore originale, il resto non sussiste. La qualità sonora è irrilevante, gli intarsi della voce e le regole musicali decadono. Voglio dire, in base all'idea che mi sono fatta, il doppiaggio è fatto di tre parole: intenzione, intonazione e ritmo. (Suddivisibili ulteriormente, se vogliamo, in sotto-concetti quali logica, sottotesto, accenti, appoggiature, fluidità, vocalità, respirazione.) Dove la prima è genitore, e le altre son mestiere.

Naturalmente, anche questo corso s’ha da pagare. E io, tra l’Accademia e la scuola di teatro a Bologna, le lezioni individuali a Bergamo e questa nuova grande occasione a Roma, tralasciando poi rate della macchina, trasporti vari e spese altre che già sapete, o mi metto a donare il sangue, o devo ricominciare a lavorare. Sono passati quasi quattro mesi dall’inizio del mio anno sabbatico e dell’ausilio della disoccupazione. Allo scadere, sarò a secco, se continuo così, non basteranno più i risparmi. Ho già rinunciato alla possibilità di farmi un bel viaggio dall’altra parte del mondo nell’unico anno sabbatico della mia vita, ho rimandato qualsiasi cosa alla prossima estate, tanto per cambiare, a quando si presume io un nuovo impiego l'abbia già trovato.

Ora, la mia nuova idea di diventare una nomade digitale, di darmi alla formazione, o alla consulenza, e far valere il mio titolo di studio in informatica o le mie conoscenze di musica, di italiano, di dizione e fonetica, o di propormi come editor o correttrice di bozze, o di scrivere per altri, o di tutte queste cose messe assieme l’importante è farle senza obblighi di sede e orari, mi ha acceso un barlume di fiducia e di speranza nuovi. Un lavoro mobile era quello che mi serviva, e mi si sta presentando davanti una grande occasione, date le conoscenze e le esperienze che grazie a Dio ho accumulato finora: cioè, l'unico modo per far valere tutto quello che ho fatto senza buttarlo via è lasciarlo agli altri e, contemporaneamente, se non avessi fatto tutto quello che ho fatto non avrei avuto gli strumenti per fare quello che faccio oggi.

Come dire, le capacità non ti mancano, gli strumenti nemmeno, la sorte è con te, ora però fammi vedere quello che sai fare. C’è in ballo da far valere la scelta che hai fatto, c’è da non farti ridere in faccia alla fine dei giochi.

C’è una grande spinta, dettata da quella potente alleata che è, ancora una volta, la paura.

Ma che cosa vuol dire essere nomadi digitali?

Vuol dire, innanzi tutto, avere a disposizione un computer portatile ed una connessione a internet, e, con le giuste conoscenze (nel campo, in genere, dell'informatica, della grafica e del design multimediale, della scrittura digitale, del copywriting o di qualunque altro genere di lavoro attuabile "a distanza"), lavorare dove ti pare, agli orari che preferisci. L'importante è sempre essere puntuali con le consegne del lavoro concordato.

Ancora una volta preziosissimo, Francesco Grandis spiega in questo articolo tutto quello che c'è da sapere sul nomad working ed elenca soluzioni pratiche e link utili, compresi siti dove è possibile candidarsi come lavoratori da remoto e lavorare da qualsiasi parte del pianeta. Senza sede né orari.

Come si può evincere anche dalle video interviste di #VivereViaggiando, del canale YouTube Libertà per Viaggiare Serena M., o su libertaperviaggiare.com, o da esperienze come quella di Mery Sinatra raccontata nel blog Mangia Vivi Viaggia fra le altre, sono tante le possibilità e tanti i mestieri che si possono portare avanti oggi usando la tecnologia a distanza; dotandosi, nondimeno, di una buona dose di competenza, ingegno e tenacia.

A me è bastato che qualcuno chiedesse "Senti, come siamo messi online? Com'è la nostra presenza in rete, che si può fare per migliorarla?"

BOOM!

La prossima settimana andrò a parlare di tutto questo con un commercialista. Nel mio caso, non si tratta di lavorare girando il mondo, si tratta di non essere legata a sedi che mi obblighino ad una presenza fissa, si tratta di fare le cose a modo mio, in modo da continuare a praticare gli studi di incisione, permettermi di studiare e di scrivere. Non so se la cosa funzionerà, ma stasera andrò a dormire visualizzando soluzioni.

È strano guardarsi indietro e rivedersi infagottata dentro a un paio di cuffie ad occuparsi del "go-live" di qualche sito di Tale Marca Nota, la messa online del negozio elettronico di Vattelappesca, in una di quelle postazioni aziendali anonime in open space fra altri settecento soggetti sconosciuti, con il cuore costretto e il petto pressato, prigioniera di una monotonia e di un grigiore quotidiani radicatisi a morte, e ritrovarsi oggi con un corpo leggero di quindici chili meno e uno spirito contemplativo e luminoso, seduta a prendere un caffè con un'attrice nota in attesa di imparare di nuovo qualcosa da lei in un luogo inaccessibile come la Fono Roma dopo essere stata in radio con Pino Insegno.

Cioè, a pensarci, fa ridere.
Dovesse finire tutto domani, io sarei già contenta.

Ricordate La Ghigliottina?
Credo di aver trovato la soluzione. È lei la parola che risolve il mio gioco, non può essere che lei, la mia risoluzione, quella che mette insieme le famose parole penna, sipario, leggio, microfono, radio, volume, identità, personaggio, maschera, carta, e poi ancora cinema, teatro, letteratura, scrittura, musica e doppiaggio. Quella che mi rende immortale, dentro e fuori. È lei la mia parola, è:

VOCE.

Non è stato facile fare la dieta e perdere quindici chili, non è facile ora affrontare il mantenimento. Sapete cosa volevo fare dopo il provino passato con Silvia? Volevo festeggiare con un’abbuffata notturna in giro per la città. Prendermi una bella sbronza di cibo con tutte le schifezze possibili insieme alle persone giuste. Per premiarmi.

(Come se poi si trattasse di un premio.)

Sapete cosa mi ha fermato?

Mi sono detta una cosa. Me la sono ripetuta bene in testa mentre con la macchina mi facevo tutti i posti a ritroso sulla strada verso casa. Mi son detta, oggi no. Così ho detto, lo farò domani. Oggi no.

E il giorno dopo, naturalmente, mi sono svegliata con un’altra testa, così leggera che non ho avuto voglia di sfondarmi, mi sono goduta un piatto di linguine ai pomodori pelati di mia mamma, in seguito al quale il mio stomaco ristretto ha detto basta.

Avete presente "smetto quando voglio?" Ecco, io l'ho ribaltato in una cosa più sensata. Per me è "ricomincio quando voglio". Decido io quando tornare ad abbuffarmi. Non è mica una promessa a vita. È oggi no.

Nel frattempo, mi godo le mie nuove prospettive e le mie nuove abitudini.

E le mie nuove misure.

Commenti facebook

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.