19) Heidi a Wall Street

"Non aspettare Godot. Cercalo."
(Frase scritta su un muro)

- 128.

Oggi non vi racconterò del mio rientro a lavoro dopo le ferie, di quanto mi sia sembrato tutto lento e alienante, di come mi abbia fatto piacere rivedere alcune persone, di come avrei voluto ugualmente essere altrove. E non vi racconterò della riunione sui nuovi piani dell'anno, di come pareva d'essere intavolati a giocare a Risiko (conquisteremo il Giappone) e di quanto avrei dovuto sentirmi carica e motivata dopo quasi un mese di riposo, di fronte a nuovi bei progetti allettanti da sviluppare, grafiche da far diventare vere, funzionanti, interattive, automagiche.
E non vi racconterò nemmeno dei miei sensi di colpa, di inadeguatezza, di demotivazione e di clamoroso distacco da tutto questo.

Non vi racconterò di Heidi a Wall Street.

No, vi parlerò d'altro.
Ricordate il tatuaggio della sirena? Prima puntata, caviglia destra, in programma.
Beh, ho chiamato il tizio "delle opere d'arte sulla carne" e ho avuto una risposta illuminante di fronte al mio disegno: troppo piccolo, troppo scuro, troppo... timbro. O fai solo il contorno, o a lungo andare ti diventa un'unica macchiona di inchiostro che si va a mangiare i dettagli, il naso ecc. Oppure possiamo studiare qualcos'altro insieme.

Ora, essendo che lui non poteva conoscere l'ossessività con la quale io faccio le cose, ovvero che ogni dettaglio se ne sta lì ed è messo così per un motivo ben preciso, ha osato propormi l'alternativa. =D Che è come proporre a un ritualista patologico di cambiare il ristorante del mercoledì.

**si gratta la testa e dondola**

Diciamo che la parte sana di me ha apprezzato l'onestà.

Ma il mio tatuaggio non si tocca e non si cambia, piuttosto si cambia idea sul farlo o meno. E ci tatuo la mia macchina, allora. Proprio così, non c'è bisogno di tatuarsi la pelle. Non c'è cosa più bella di tatuare oggetti che sono il prolungamento di noi stessi, al posto di tatuare noi stessi. Io ho un tatuaggio sul braccio che ha a che fare con la musica che lì è, e lì se ne rimane, da quando avevo poco più di vent'anni. Ma mi riferisco ad esempio alla fenice sul Midori. O a questa nuova Sirenetta sulla macchina. Insomma, da lanciarci una nuova moda, una nuova professione: i tatuatori del cuoio, col pirografo, come l'amica che mi ha fatto la fenice, oppure... che si può tatuare? Tolte le cose stampabili, restano le pelli finte, o... il legno.
Sarebbe una gran bella professione "tatuare" il legno. O farsi pagare per pirografare a mano il cuoio. Se non avessi avuto un'amica che lo faceva, non avrei saputo a chi rivolgermi. E tatuatore ci rimani. Stessa arte, stessa possibilità di esprimersi.

La personalizzazione del sé si può esprimere in tanti modi. Il tatuaggio è uno di quelli irreversibili. E l'irreversibilità non è proprio una cosa immediata.

Se volete vi dico il rapporto che ho oggi io col mio vecchio tatuaggio.
La musica mi ha salvato la vita in un tempo insano in cui la strada più semplice sarebbe stata lo stordimento indotto, alcol, droga, o che ne so. E per questo le sarò sempre grata. Ma oggi è cambiato il significato che la musica ha per me. A parità di amore e di intensità, è cambiato il significato che lei ha per me. È cambiata la necessità di farlo sapere agli altri, o a me stessa davanti allo specchio. È cambiato il mio rapporto con lei. Ci sono cose che vogliamo dirci fra noi, in privato.

Voglio dire, le cose cambiano. Anche quelle che ci sembrano far parte di noi al punto che le vogliamo nella pelle. Se anche non cambiano nella sostanza, magari lo fanno nella forma. E se davvero fanno parte di noi resteranno lì per sempre, anche senza incisione. Ce le incidiamo addosso per paura di perderle? Per fermarle, esplicitarle con l'ago? Vogliamo essere delle opere d'arte. Lo facciamo per ricordare a noi stessi che abbiamo un'identità, che si è risolta di un altro pezzettino, e per il bisogno di anteporla agli altri, per frapporla fra noi e loro, come per dire "innanzi tutto io sono questo". Come un profilo whatsapp vivente.
Perché? Perché la necessità di mettere le mani avanti su quello che siamo? Perché non far sì che gli altri lo scoprano poco alla volta guardandoci dentro, anziché al volo guardandoci fuori?
Forse la chiave è proprio l'abitudine ad avere un "profilo".
Come dire, mettiamo le cose in chiaro da subito. Ho un figlio che si chiama Davide, amo i gatti e il mio fiore preferito è la passiflora dell'est. Ho pianto davanti a Star Wars e guai a chi mi tocca la mia collezione di farfalle australiane. Tu invece? Ciao, io mi sono convertito alla Croce e nella vita mi trasformo come un camaleonte al tramonto. Amo Chiara che mi ha spezzato il cuore ma la terrò tra la costola e la scapola destra, così, al mio fianco, per sempre. E questa è Amy Winehouse, la mia aurora boreale.
Una volta la gente si innamorava, si innamorava profondamente in un tempo dilazionato perché non sapeva chi aveva davanti, non aveva il bignami della sua vita davanti impresso nella carne, non aveva nessuna mappa geografica umana in cui cercarla, l'altra persona; la doveva trovare, col tempo e con la pazienza, con la quotidianità e la curiosità di esplorarle il dentro, un dentro misterioso quanto il fuori. Le persone te le dovevi sudare.
E quanto bello era? Come dover aspettare per forza Natale per aprire i regali sotto l'albero. L'attesa ti faceva innamorare di quei pacchi ancora prima di sapere cosa ci avresti trovato dentro. Te li faceva desiderare come pochi, ti ci arrovellavi, erano lì ma non potevi toccarli, e non c'erano indizi! Erano solo lì. Dovevi aspettare.

Ecco: guardo al mio tatuaggio oggi come a una cicatrice, una vecchia ferita a cui sono sopravvissuta, una cicatrice che rivorrei se mi ha portato fin qui, un tatuaggio che quindi forse rifarei.

MA

Le cicatrici capitano. Le ferite, quelle sane, non quelle autoinflitte, capitano. E invece oggi sono di più quelle autoinflitte, non so se mi spiego.
Forse siamo una generazione di gente che sta male e che non sa più come fare a comunicarlo agli altri. O forse stiamo benissimo, ma lo comunichiamo agli altri nel modo sbagliato.
Forse io sono più fortunata di altri a questo punto, ché di cicatrici di questo genere ne ho una sola.

Chi lo fa per pura estetica, il tatuaggio, non arrivo a comprenderlo, mi scuso. Anche se tutto sommato a me non ne viene niente, tranne che cinque minuti di nervoso per incompatibilità di cervello. Ma, insomma, è come decidere di avere, che so, i capelli corti per sempre. Ma siete sicuri di voler rinunciare alla possibilità di cambiare idea sui vostri capelli? Sui vostri trucchi? Sui vostri vestiti? Sulla vostra pelle? Non vi stancate mai di essere sempre gli stessi, di vedere un'immagine di voi che è sempre quella, da sempre, e lo sarà per sempre? Non potete cambiare! Non vi terrorizza anche solo il pensiero?
Anche io ho battezzato un'immagine di me per l'inizio del mio tempo nuovo, con un'idea ben precisa però NON di quello che volevo essere in senso assoluto, ho previsto un miglioramento in salute fisica e mentale, ci ho fantasticato sopra, e di quello che ho previsto ogni cosa è modificabile, può essere cambiata.

Forse ci si tatua proprio per fermare un momento, dato che è tutto destinato a cambiare, a trasformarsi.

Se non avessi un tatuaggio addosso non parlerei. Dato che ce l'ho, posso farlo senza sembrare bigotta, e sono curiosa: perché è diventato così frequente, tatuarsi? Voglio dire, i tatuaggi ci sono sempre stati, ma, perché oggi quasi tutti hanno almeno un tatuaggio addosso rispetto al passato?
Non si tratterà banalmente di una moda? Una moda come le altre, che sono venute e che se ne andranno? Qualcosa che non è spinto dalle eccelse motivazioni che vogliamo ficcarci a forza dietro? Qualcosa che è fine a sé stesso? Perché è così che noi agiamo. Pensiamo all'oggi.

Siamo la generazione che ha imparato a non contare sul domani.

C’è anche chi il tatuaggio ce l’ha invisibile, sono quelli nei cui occhi leggi la tua stessa percezione, la tua stessa visione, la tua stessa storia, a modo vostro. Quelli che, all’improvviso, non ti senti solo. Che ci si guarda e ci si riconosce. Sto parlando del tatuaggio segreto, naturalmente, familiare a pochi, riposto nell’anima dei sognatori e dei sopravvissuti. Di quelli che credono nella magia. Quello io lo cerco sempre in tutti, ma lo trovo solo qualche volta.

Poco importa, al momento: adesso ho un tatuaggio bellissimo attaccato al bagagliaio della mia macchina. Che è un prolungamento di me.

Si racconta di una frase, che Vittorio de Sica disse a Sophia Loren a proposito di gioielli rubati che avevano avuto un grande valore per lei, che è: "Non piangere mai per qualcosa che non possa piangere per te."
L'irreversibilità sugli oggetti è concessa, oltre che gratificante.
Noi siamo già delle opere d'arte.

Perciò grazie, grazie al tipo che mi ha proposto il ristorante alternativo del mercoledì. Grazie.

Ciao team =}

Ecco qua.
Non sono da messaggi prolissi e ci leggono in copia soltanto le persone a cui mi interessa dire qualcosa.
È arrivata l'ora di comunicarvi una decisione importante.

Dopo xxxxx anni, come quasi tutti ormai sapete il xxxxx prossimo scade improrogabilmente il mio contratto attuale, e ne entrerebbe un altro che mi renderebbe dipendente presso xxxxx a tempo indeterminato.

MA
In breve, per motivi personali, professionali e soprattutto, in questo momento, di salute mentale, ho deciso di sospendere.

Di lasciar scadere il contratto e non accettare alcuna proposta futura.

Da collega, volevo solo farvi sapere che dal xxxxx sareste con uno sviluppatore in meno. E avvertirvi relativamente per tempo, nel senso che anche per me il tutto si è definito a fatica, con attanagliamenti e contraddizioni continue fino alla fine. Ma ne sono venuta a capo, finalmente.

Da amica, volevo solo farvi sapere invece che ognuno di voi, a suo modo, ha contato qualcosa e mi ha insegnato qualcosa. Siete stati la parte bella di xxxxx.
Probabilmente la mia serenità, adesso, è altrove. Tutto qui.

Magari ci rincontreremo di nuovo, sarò la prima a farmi risentire, nel caso.

Avremo modo di salutarci con calma e per bene, comunque.

In generale, vi abbraccio tutti, forte e con un gran sorriso, e vi auguro di essere felici, autentici, leali con voi stessi e con gli altri.
Io sto cercando di farlo.

Che vi voglio bene lo sapete, ma ve lo ridico.

Ale

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3 risposte a “19) Heidi a Wall Street”

  1. L’ho ascoltato tre volte, perché quando mi hai nominata per la fenice non ho capito più niente :’D
    Mi hai dato una gran carica però! Onorata di essere parte di questo tuo percorso e rinascita 🙂

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